Le prime opere di bonifica estensiva delle paludi nel territorio ferrarese furono quelle realizzate dagli Estensi presso Ferrara (Casaglia, Diamantina e Sammartina) e, soprattutto, la Grande Bonificazione del Polesine di Ferrara, che è stata condotta a termine nel 1580 con strenua volontà da Alfonso II D’Este, coadiuvato dai più insigni tecnici del tempo, tra cui l’Aleotti.
Ma in questa bonifica, in breve tempo tornò la palude.
La bonifica fu ripetuta nel corso del XIX secolo, con l’ausilio della nuova tecnologia: la macchina a vapore che consentì di azionare le idrovore per il sollevamento dell’acqua.
L’impresa ebbe successo: oltre 51.000 ettari furono drenati dal gigantesco impianto idrovoro di Codigoro (1872-1874), dove affluivano tutte le acque di scolo dell’immenso bacino.
Sempre con mezzi meccanici, seguirono le bonifiche delle valli Gallare (Marozzo 1873, 12.500 ettari), di Argenta e Filo (1878, 6.840 ettari), di Galavronara e Forcello (Portomaggiore 1888, 2.270 ettari), di Montesanto, Denore, Campocieco, Benvignante, Sabbiosola, Martinella, Tersallo, Bevilacqua, Trava (anno 1891, 13,660 ettari), le Valli Trebba e Ponti (Comacchio 1923, 4,600 ettari), Sant'Antonino (Ferrara 1925, 2,300 ettari) e molte altre più piccole superfici. Le ultime opere di bonifica hanno riguardato le Valli Pega, Rillo e Zavelea (1951-1957), Giralda (1958-1964), Mezzano (1957-1975), la Valle Falce (1969).
La storia idraulica del territorio sud-occidentale di Ferrara è stata invece caratterizzata dal continuo spandimento delle acque del fiume Reno, che concludeva il suo percorso, disalveato, nelle campagne di Marrara, San Martino e Poggio Renatico.
Una volta realizzata l’inalveazione artificiale del fiume nell'antico percorso del Po di Primaro rettificato, con l’inizio dell’Ottocento si sono potute avviare le opere di bonifica anche di quelle paludi, rimaste intercluse e delimitate dal nuovo corso del Reno.